L’assurdità dell’equo compenso porta anche a parlare direttamente di prodotti Apple su un blog dedicato ad Android. Eppure non possiamo che prendere ad esempio i prodotti della Mela per far capire come tutto quello che ci hanno raccontato sia una palla clamorosa e come l’equo compenso venga pagato dai consumatori e non dalle aziende, come il ministro dei Beni Culturali Franceschini aveva insistito che sarebbe stato.

È difficile rimanere del tutto obiettivi e mantenere un tono distaccato e formale quando si parla di una completa presa in giro degli italiani portata avanti solo per supportare una corporazione morente, attaccata a modelli di business anacronistici e con pretese fuori dal mondo, oltre che con un buco di bilancio per il 2013 di oltre 680 milioni di Euro.

Apple è un ottimo esempio per questo caso perché applica prezzi fissi per i suoi prodotti, dal momento in cui vengono annunciati al momento in cui vengono dismessi. Un iPhone 5S da 16GB costa 729€ sempre. Ma da qualche giorno viene venduto ad un prezzo più alto, con tanto di dichiarazione dell’azienda che il rincaro è dovuto alla “tassa sul copyright” – perché, di fatto, di questo si tratta.

Schermata del 2014-07-23 20:30:36

Il rincaro dell’equo compenso viene scaricato in toto sul consumatore, che si vede accollata una ulteriore tassa. Franceschini è forse stato consigliato male, oppure ha agito in mala fede: in ogni caso, il ministro ha sempre affermato che la tassa non sarebbe mai pesata sulle tasche dei cittadini, forse davvero convinto di questo fatto (e, a questo punto, c’è da chiedersi: in quale universo con fate, unicorni e arcobaleni vive Franceschini?). La stessa nota ministeriale diffusa assieme al decreto conferma questo:

– GARANTITA LA CREATIVITÀ
“Con questo intervento – ha commentato Franceschini – si garantisce il diritto degli autori e degli artisti alla giusta remunerazione delle loro attività creative, senza gravare sui consumatori.

– CAPZIOSO CHI PARLA DI TASSA SUI TELEFONINI A CARICO DEI CONSUMATORI

NESSUN AUTOMATISMO SUI PREZZI DI VENDITA
“Il decreto non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. Peraltro, com’è noto, in larga parte gli smartphone e tablet sono venduti a prezzo fisso”.

L’equità di questo compenso appare evidente: è equo solo per le casse di SIAE, che quest’anno aumenteranno di oltre il 150% i propri introiti senza reale giustificazione, passando da circa 60 milioni del 2013 ai potenziali 150 milioni di quest’anno.

Come se tutto questo non bastasse, SIAE ha dichiarato di aver appreso “con sconcerto della provocatoria iniziativa della Apple Italia che da oggi, pubblicizzandola come tassa sul copyright, ha rincarato i prezzi dei propri dispositivi applicando un aumento esattamente pari alla rivalutazione della tariffa dovuta per Equo compenso, decisa dal Governo il 21 giugno scorso”. Un’azione “di pura mistificazione della realtà mirata a confondere i consumatori e a mantenere inalterati i propri ingenti profitti, spesso realizzati attraverso l’utilizzo di manodopera a basso costo”. Anziché guardare la trave nel proprio occhio, dunque, si preferisce guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro.

Apple è un’azienda che punta al profitto e dire che vuole “mantenere inalterati i propri ingenti profitti” è come dire che un essere vivente vuole continuare a vivere: è quasi una tautologia. È un’ovvietà. E a dirla è qualcuno che non solo vuole mantenere inalterati i propri profitti, ma li vuole addirittura aumentare a spese del resto del mondo – per qualcosa, tra l’altro, che è teoricamente garantito come diritto in forma gratuita dalla stessa legge sul diritto d’autore.

Appare evidente che è Apple è solo l’aprifila, la locomotiva di un treno che comprende tutti i produttori di dispositivi (dai cellulari ai PC) e anche quelli di memorie, che si sono schierati per molto tempo contro questa inutile tassa producendo una quantità di ragioni e di studi di settore che sono stati utili soltanto ad aumentare i profitti delle cartiere, ma non certo a ridimensionare quest’assurda mossa volta a proteggere i soliti noti.

Forse Franceschini avrà modo di riflettere sul suo operato e leggerà il testo della legge, dopo averlo firmato. Nel frattempo speriamo che tutti i produttori seguano l’esempio di Apple dichiarando che gli aumenti sono dovuti alla nuova tassa della SIAE, così che tutti gli utenti si rendano conto di ciò che sta avvenendo.

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