Grazie ad un emendamento alla Legge di Stabilità l’equo compenso, una sorta di tassa che colpisce qualunque dispositivo di memorizzazione (sia esso analogico o digitale), aumenterà ancora. Da Gennaio, infatti, l’imposta verrà aumentata a scapito di tutti i dispositivi elettronici come smartphone e tablet e con un ulteriore aggravio per i cittadini.

L’equo compenso è un balzello applicato dallo Stato su tutti i dispositivi di memorizzazione (come VHS, CD, DVD, memory card, chiavette, hard disk, smartphone e tablet) nella presunzione che questo venga usato per veicolare materiale protetto da diritto d’autore ottenuto illecitamente. I proventi vengono incassati dalla SIAE, la quale ne destina una parte agli autori ed agli editori ed un’altra parte ad attività culturali.

Come se già i dispositivi non fossero cari, l’equo compenso peserà ulteriormente su di essi con aumenti anche del 400%. Gli aumenti, infatti, sono così configurati:

  • Un iPhone da 16GB (e, quindi, qualunque altro smartphone di fascia alta) vedrà il prezzo aumentare di circa 4€, a causa dell’aumento dell’equo compenso da 0.90€ a 5.20€;
  • I tablet passeranno da 3.20€ a 5.20€;
  • I computer da 3.20€ a 6€.

Aumenti consistenti non tanto in senso assoluto – in fin dei conti sono pochi Euro in più – ma in senso percentuale. L’aumento medio è del 70%. Un fiume di soldi che si riverserà direttamente nelle casse della SIAE, che vedrà i suoi introiti crescere dagli 80 milioni attuali a ben 210 milioni. Il tutto, chiaramente, a scapito del settore tecnologico già penalizzato. L’Italia è culturalmente e strutturalmente indietro rispetto all’Europa per quanto riguarda la tecnologia e questo ulteriore balzello non fa che peggiorare le cose.

A sottolinearlo è anche Cristiano Redaelli, presidente dell’Associazione Nazionale Industria Informatica (Anitec): “Dobbiamo subito ribadire che nuovi aggiuntivi balzelli non farebbero che penalizzare ulteriormente l’innovazione tecnologica. Se implementata, questa richiesta si trasformerebbe, di fatto, in un costo aggiuntivo che graverebbe sui consumatori e sulle famiglie, generando il concreto rischio di allargare il digital divide italiano“.

L’aumento è stato introdotto dietro esplicita richiesta del presidente della SIAE Gino Paoli, il quale aveva proposto di avviare un tavolo di discussione con tutte le parti in causa (comprese, dunque, associazioni di categoria e dei consumatori). Il governo, invece, ha varato la norma immediatamente e senza avviare alcuna trattativa né discussione con le altre parti.

Il mio pensiero strettamente personale è che la misura sia assurda e fuori da ogni tempo e logica, penalizzando un settore già penalizzato – non tanto nelle vendite, quanto nella ricezione da parte degli utenti. Il 37% degli italiani non ha mai avuto accesso ad Internet e questa misura non fa altro che peggiorare la situazione di arretratezza culturale e strutturale aumentando l’aggravio per i cittadini. Anziché investire per promuovere l’ambito tecnologico e l’innovazione si impongono nuove tasse per finanziare la SIAE, il cui buco di bilancio ammonta ad oltre un miliardo di Euro e continua a peggiorare. Anzichè gestire gli interessi del pubblico e degli autori, si continua a foraggiare un ente la cui utilità è, allo stato delle cose, quantomeno dubbia. La promozione della cultura dovrebbe avvenire in altri modi e in maniera organica e sistematica riformando l’istruzione e incentivando lo studio e l’arte in tutte le sue forme, non con nuove tasse che non portano ad alcun miglioramento.

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