Il recente annuncio dei primi smartphone basati sulla piattaforma Intel Atom, core Medfield, hanno lasciato tutti un po’ di stucco. L’avvento dell’architettura x86 anche in ambito mobile ha raggelato molti e ha entusiasmato altri, ma sicuramente ha lasciato da pensare. Che il più grande produttore di processori al mondo, con oltre il 90% di quote di mercato nel mondo PC, si sia buttato anche nel mobile fa pensare e alle possibilità di espansione che il settore offre e al potere di cui dispone Intel.

Mentre, però, in ambito PC e server Intel la fa da padrone grazie alla notevole potenza dei suoi processori e alla relativa mancanza di preoccupazione riguardo i consumi (su desktop i processori arrivano a consumare più di 100W), in ambito mobile le carte in tavola sono decisamente differenti. Il grande successo di Intel e della sua architettura è dovuto principalmente al duopolio Wintel – la famosa alleanza stretta tra Microsoft e Intel per diffondere la piattaforma software della prima e la piattaforma hardware della seconda. Molte architetture più che valide come DEC Alpha, PowerPC e Motorola 68k sono morte anche a causa della situazione illegittima e anticompetitiva creata da Microsoft e Intel. Tale situazione non esiste, però, nel mercato mobile dove è ARM nelle sue varie incarnazioni a farla da padrona assoluta e a “dettare legge”.

Il progetto Atom è stato fin dai suoi esordi bollato come “poco interessante”: laddove, infatti, l’obiettivo dovrebbe essere il raggiungimento di un’ottima efficienza e di un buon rapporto prestazioni/consumi, come è possibile constatare nei processori ARM, in Atom si ha una efficienza estremamente scarsa e un rapporto prestazioni/consumi che è peggiore degli Intel Core 2 Duo da cui deriva l’architettura. Nonostante i grandi passi avanti compiuti dalla compagnia di Santa Clara in questo ambito, i consumi di Medfield rimangono insoddisfacenti e decisamente troppo elevati. Neppure prestazionalmente Intel può dirsi in vantaggio, visto che se è vero che i prototipi mostrati al CES hanno dimostrato di non temere la concorrenza delle proposte ARM dual core come nVIDIA Tegra 2, è altrettanto vero che la nuova generazione di processori ARM Cortex-A9 quad core e ARM Cortex-A15 dual core si avvicina per prestazioni a processori di livello notebook e non più netbook.

Sin dalla partenza, Intel si trova a dover sfidare una concorrenza che ha già le caratteristiche adatte per il mercato in cui opera, mentre le sue proposte sono del tutto inadeguate e richiedono ancora molto lavoro per poter essere competitive. Le previsioni parlano di un passaggio al processo produttivo a 22nm nel 2013 in corrispondenza con l’entrata in scena del core Silvermont, mentre il 2014 sarà l’anno dei 14nm di Airmont. Questo è l’unico vero vantaggio di Intel, l’unico campo in cui la società è avanti di due anni rispetto alla concorrenza – come ricordato dal CEO di ARM appena qualche settimana fa.

Tuttavia, nel lungo termine c’è un “ma”. Come giustamente affermava Paul Otellini durante la presentazione dei risultati finanziari del Q3 2011, “sia le architteture Intel che le architetture ARM vanno incontro allo stesso problema fisico fondamentale, ovvero maggiori prestazioni richiedono maggiori transistor”: ciò significa che chi avrà la tecnologia più avanzata e la possibilità di lavorare con processi produttivi più sviluppati avrà un vantaggio rispetto alla concorrenza.

Gli investimenti richiesti per passare da un processo produttivo ad uno più affinato sono faraonici e sono nell’ordine dei miliardi di dollari, fatto che preclude a compagnie senza fondi immensi di sviluppare tecnologie alla pari con la concorrenza. Ciò che però pare chiaro a questo punto è come Intel possa sforzarsi di migliorare la propria architettura per adattarla all’ambito mobile, senza però riuscire a trarne i risultati voluti: forse il problema di Intel sta proprio nel voler portare x86 in un mercato che non le compete, che non la desidera, che non è mai stato alla portata di un’architettura concettualmente vecchia e mai adatta al mobile.