La pirateria online è un annoso problema che causa sempre discussioni riguardo i metodi che bisognerebbe impiegare per combatterla. Google, però, pensa che il problema alla radice della pirateria sia uno solo: il prezzo e la disponibilità dei beni.

Al colosso di Mountain View è stato richiesto uno studio da parte del governo australiano su quali fossero le cause principali della pirateria online. La risposta di Big G è stata che “stanno emergendo prove significative e credibili che dicono che la pirateria online è principalmente un problema di disponibilità e di prezzo”.

Il governo australiano cerca da anni di combattere attivamente la pirateria, con scarso successo. Google suggerisce che il governo australiano dovrebbe combattere la pirateria non con misure draconiane che strangolino la libertà degli utenti (chi ha detto SOPA e PIPA?), ma con innovazioni che vadano effettivamente a cambiare le carte in tavola garantendo la possibilità di accedere ai contenuti in maniera economica e senza problemi di disponibilità.

Il problema, come già visto in altri casi (Italia compresa), è che la legislazione anti-pirateria troppo dura finisce per essere un potente mezzo contro la libertà d’informazione. Il riferimento è, in particolare, al Telecommunications Act ed alla Sezione 313 dello stesso, che viene impiegata anche per censurare i siti web.

“Sembra che questa legge sia stata interpretata molto liberamente da varie agenzie del governo australiano per poter mettere offline siti web che vengono ritenuti illegali. Google crede che la sezione 313 non contenga sufficienti salvaguardie [per la libertà d’informazione], e potrebbe significativamente impattare sulla disponibilità di informazioni e contenuti su Internet con un blocco dei siti troppo ampio.”

È giusto combattere la pirateria online, ma quali sono i mezzi più adatti per farlo? Secondo Google la cosa migliore è “la promozione di un nuovo modello di business e la creazione di un mercato libero” che offra contenuti a basso prezzo e con ampia disponibilità. Come evidenziato da più di uno studio, compresi i famosi esempi delle università di Toronto e altre, la ricetta è questa. Il problema è se i vari governi del mondo sapranno resistere alle pressioni delle lobby e fornire davvero un’alternativa valida all’attuale (e morente) modello di business.

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