Non si può scrivere apertamente cosa io pensi riguardo i metodi adottati da Microsoft nelle questioni legali (ricordano un certo rituale di “bacio delle mani”), ma penso che i metodi adottati da quasi vent’anni a questa parte ricordino molto quelli di certe associazioni. I risultati ottenuti con Samsung, HTC, Acer ed altre compagnie produttrici di smartphone e tablet Android si contrappongono alle battaglie in corso con Motorola e Barnes & Noble. Proprio su quest’ultimo fronte si stanno aprendo vasi di Pandora di notevoli dimensioni che potrebbero arrivare a danneggiare Microsoft molto pesantemente.


Microsoft ha da sempre sostenuto la tesi che “open non significa gratuito”, e ha dunque cercato un accordo con i produttori per guadagnare anche dalla vendita di prodotti equipaggiati con un sistema operativo che nulla ha a che spartire con l’azienda di Redmond grazie a brevetti definiti “indispensabili” per il mondo mobile. Proprio sette di questi brevetti sono stati il fulcro della richiesta di Microsoft, nei mesi scorsi, di bandire l’importazione su suolo statunitense degli smartphone Motorola. Il giudice dell’ITC (International Trading Commission) che si è occupato del caso ha stabilito in una sentenza preliminare che Motorola infrange solo uno dei brevetti Microsoft – per la precisione il brevetto numero 6’370’566 che riguarda la “generazione di richieste di incontri e organizzazione di gruppi da un dispositivo mobile”. La sentenza non ha alcun effetto pratico, ma dimostra come le accuse di Microsoft siano largamente infondate e basate su un modo di fare poco corretto e anticompetitivo. Non è una vittoria per Motorola, come questa ha dichiarato, tuttavia è un segnale sicuramente positivo e apre un’ulteriore crepa nelle mura della fortezza che Microsoft ha costruito in questi anni con molte pratiche scorrette e illegali.