Durante la conferenza HP Global Partner tenutasi a Las Vegas, il CEO di HP Meg Whitman ha fatto un annuncio quantomeno azzardato: ora che l’acquisizione di Motorola da parte di Google è completa, Android potrebbe diventare una piattaforma closed source. La Whitman ha detto ad alta voce ciò che molti pensano già da parecchi mesi e che altrettanti sussurrano appena: il timore che Google possa dare una certa preferenza alla casa alata rispetto agli altri produttori è vivo da che è stata annunciata l’acquisizione nell’Agosto scorso.

La Whitman ha colto l’occasione per portare nuovamente l’attenzione su webOS: HP è sempre intenta a portare verso nuovi orizzonti la piattaforma, soprattutto nel lungo periodo. La piattaforma avrà bisogno di circa quattro anni per svilupparsi appieno e per far sentire il proprio peso all’interno della scena mobile, ed una chiusura del codice di Android non potrebbe che portare benefici al sistema operativo di HP.

Ciò che la Whitman ha detto, però, è che è “altamente improbabile” (leggi: “impossibile”) che Google cambi la sua politica ora che può vantare 700’000 attivazioni al giorno. L’acquisizione di Motorola porterà sicuramente ad una stretta interazione tra Mountain View e il produttore di telefoni, ma ciò non significa per forza un tale cambiamento netto di direzione: la maggior parte dei profitti di Google su Android derivano dalla pubblicità mobile, il cui aumento dipende anche dall’aumento dell’adozione da parte dei produttori e dei consumatori.

Per dirla in altri termini, Google non è Apple e non può permettersi cambi repentini senza subire conseguenze catastrofiche. Un voltafaccia come quello pronosticato dalla Whitman sarebbe intollerabile sia per i produttori come Samsung e HTC sia per i consumatori che hanno visto nell’openness di Android un vantaggio ed un punto positivo. Secondo noi è praticamente impossibile che Google chiuda il codice di Android, visti tutti gli svantaggi che una manovra di questo tipo porterebbe. Cara Meg Whitman, ripensaci.