Nell’infinita lotta dei brevetti che avviene giornalmente nelle corti di mezzi Stati Uniti, ce n’è una che può interessare anche noi: la causa tra Amazon ed Apple per il termine “app store” di cui avevo già parlato qualche tempo fa.

Logica vuole che se io dico “app store”, indico un negozio di applicazioni – non per nulla, la traduzione di “app store” è proprio “negozio di applicazioni”! Amazon aveva fatto leva su questo fatto per far notare che il termine è troppo generico per essere brevettabile, portando come ulteriore prova di ciò le parole di Jobs (che usava il termine in maniera generica e non per indicare l’Apple AppStore). Tuttavia, Apple riesce a portare innovazione anche in questo campo: “negozio di applicazioni” non è necessariamente indicativo di un negozio di applicazioni. Citando letteralmente Kevin Krause di Phandroid.com, “Apple asserted that the combination of words doesn’t, in fact, “denote a store for apps.” “. Tradotto, “Apple ha affermato che la combinazione di parole, nei fatti, non “denota un negozio di applicazioni”.”

Per fare un esempio azzardato ma calzante: immaginate se qualcuno brevettasse la parola “fruttivendolo” e pretendesse che tutti pagassero una tassa per questo. Qualcuno farebbe causa a questa persona per l’eccessiva genericità della parola brevettata, e questa potrebbe dire “fruttivendolo non è necessariamente un negozio che vende frutta e verdura“. Come se frutta e verdura si comprassero nei negozi di scarpe…! È ovviamente follia.

Apple sta facendo di tutto per difendere il suo brevetto, che è però indifendibile al momento attuale. Il termine è diventato di uso comune per indicare un negozio online di applicazioni per dispositivi mobili e non solo. Ciò che stupisce è proprio questo accanimento nella difesa con argomenti che rasentano il ridicolo ed il cattivo gusto. Il “think different” va bene, ma a tutto c’è un limite.

[Via phandroid.com]