Poco più di sei mesi fa avevo provato le RHA T10, cuffie prodotte da un’azienda scozzese con sede a Glasgow che stupivano per completezza, qualità e quantità di accessori. C’era qualche difetto, come un suono un po’ troppo improntato ai bassi, dunque l’azienda ha ripensato le cuffie e ha creato un nuovo modello che va al di là delle aspettative: le RHA T20. Con un suono più equilibrato, lo stesso comfort e la stessa quantità di accessori del modello precedente, le RHA T20 sono tra le migliori cuffie in-ear che possiate acquistare per meno di 250€.

Design e comfort

Ben poco è cambiato dal punto di vista del design e dei materiali nelle RHA T20: l’azienda ha deciso di mantenere le stesse linee delle RHA T10 apportando modifiche marginali come il colore del cavo, passato dal grigio al nero. Questo implica che tutti gli elementi essenziali del comfort e dell’isolamento siano rimasti inalterati e su un livello elevatissimo. Rimane anche l’ottimo sistema del cavo che passa sopra l’orecchio ed è semirigido, in maniera tale che sia possibile adattarne la forma alle proprie esigenze. Proprio grazie a questo sistema di passaggio del cavo sopra l’orecchio si limita moltissimo il cosiddetto “effetto stetoscopio” e, quindi, anche se il cavo sbatte mentre si indossano le cuffie non si sente molto rumore.

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Il cavo, lungo 135cm, è in rame senza ossigeno (OFC, Oxygen-Free Copper) e gli auricolari sono in acciaio modellato a iniezione per garantire un segnale quanto più possibile puro nel primo caso e una migliore durevolezza e resistenza nel secondo.

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I comandi sono inseriti su un piccolo cilindro di alluminio con un lato ricoperto di gomma dove sono effettivamente posizionati i tasti; il microfono è dietro un piccolo foro sul lato opposto. Il posizionamento è ideale: è sul cavo dell’auricolare destro, vicino alla bocca così da catturare meglio la voce.

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Inalterati sono rimasti anche gli accessori: sono presenti tre filtri di sintonia (bassi, medi, alti), 10 paia di rivestimenti (6 in silicone a doppia densità, 2 a flange doppie e 2 in gommapiuma) e una custodia per il trasporto semirigida, oltre ad una clip per tenere fermo il cavo. L’unico “difetto” che si può trovare, per essere pignoli, è che le coperture a flange doppie sono solo nelle misure S e L e manca quindi una misura M.

Funzionalità

Esistono due versioni di queste cuffie: le RHA T20, modello indicato per chi vuole ascoltare musica e null’altro, e le RHA T20i, che hanno invece un microfono e i classici tre tasti (vol+, vol-, play/pausa/rispondi) compatibili con i prodotti Apple. Le T20i sono comunque compatibili con gli smartphone Android, ma non è possibile regolare il volume coi due tasti appositi.

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Il microfono è di ottima qualità e cattura correttamente la voce anche in ambienti rumorosi, senza peraltro che sia necessario alzarla particolarmente per farsi sentire dall’interlocutore.

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Audio

Come di consueto ho effettuato un rodaggio di un centinaio di ore sulle cuffie prima di scrivere la recensione. Le prove sono avvenute utilizzando prevalentemente file FLAC (16 bit, 44.1kHz) e qualche file MP3 (320kbps), utilizzando un Lenovo Vibe Shot e un PC cui è stata collegata una Creative Sound Blaster X-Fi HD come fonti.

I cambiamenti più grandi rispetto al modello precedente sono “sotto il cofano”: la RHA T20 usano infatti un driver DualCoil, che permette di ottenere migliori risultati per quanto riguarda la risoluzione, il livello di dettaglio e il bilanciamento del suono con tutte le conseguenze del caso. Tra le tante, una è la risposta in frequenza molto più lineare rispetto a quella delle T10 e una seconda è la certificazione ottenuta dalla Japan Audio Society per la conformità agli standard dell’audio ad alta risoluzione (Hi-Res Audio). Le RHA T20 hanno una risposta in frequenza di 16-40000Hz, un’impedenza di 16Ω e una sensibilità di 90dB (abbastanza bassa, a dire il vero!).

I tre filtri modificano significativamente la curva di risposta e propongono tre tipi di suono molto diversi; personalmente ho adottato per buona parte del tempo il filtro per i toni alti poiché mi piace avere un suono più aperto e frizzante con gli alti più pronunciati, ma le considerazioni che trovate sono chiaramente applicabili a tutti i filtri.

Con le RHA T20, più che in altri casi, è assolutamente necessario trovare e scegliere la copertura in silicone (o in gommapiuma) più adatta per avere il suono migliore, altrimenti si rischia di avere troppo pochi o troppi bassi. È importante anche scegliere il mezzo con cui le si pilota: il suono cambia notevolmente tra un dispositivo e l’altro. Ho potuto fare prove con una scheda audio USB Creative Sound Blaster X-Fi HD, con lo Zorloo ZuperDAC e con i Creative Sound Blaster E5 e Sound Blaster E3, ottenendo risultati molto diversi. È quindi importante anche capire quale amplificatore crea il suono che più viene incontro al gusto del singolo.

Non vorrei peccare d’eccessivo entusiasmo, ma le RHA T20i mi hanno offerto esattamente il suono che cercavo: equilibrato, bilanciato, con molti dettagli, una scena sonora abbastanza ampia, una grande distinzione tra gli strumenti e con un filino di bassi in più che danno un po’ di brio ma non soffocano il resto. Insomma, un suono non esattamente analitico ma nemmeno troppo distante da un’ideale curva piatta di risposta.

I bassi sono ben definiti e controllati, senza “fughe” nei medi e medio-bassi e senza che vadano a coprire altre frequenze o diventino eccessivamente rilevanti all’interno della scena. Fanno sentire la loro presenza e sono probabilmente un po’ più abbondanti rispetto ad un’ideale curva piatta, ma vedo questo aspetto come positivo vista la qualità e la non-invadenza degli stessi. Il suono complessivo è un compromesso tra le RHA T10 e le Creative Aurvana In-Ear3 Plus, che può soddisfare più o meno tutti. Un tratto positivo è la profondità dei bassi: le RHA T20 si spingono molto in basso senza perdere particolarmente volume e questo aggiunge profondità, colore e carattere al suono.

I medi sono molto chiari e con un’ottima presenza; rispetto alle RHA T10 acquisiscono maggiore centralità e diventano uno dei punti di forza delle cuffie. Anche senza utilizzare il filtro apposito i medi appaiono centrali e questo aiuta in particolar modo in brani dove la voce o strumenti come pianoforte e chitarra sono gli elementi principali.

Gli alti dettagliati, nitidi e molto presenti rendono il suono più aperto e spazioso rispetto alle precedenti, anche se non arriviamo ancora ai livelli di cuffie come le Xiaomi Piston 3 che fanno proprio dell’apertura del suono uno degli elementi fondamentali. Gli alti sono comunque vivaci e frizzanti e rendono tutto il suono più brioso anche grazie al fatto che ne rimangono ben distinti.

Il livello di dettaglio è sempre altissimo e i dettagli sono ben definiti e puntuali; contrariamente a tante altre cuffie che ho potuto provare, non sono sfuggenti, ma ben affermati – tanto che si possono sentire i tasti dei fiati che vengono premuti e rilasciati nella registrazione della 1812 di Tchaikovsky.

Vediamo come si comportano le RHA T20 con i vari generi musicali.

  • Classica/sinfonica: ottimo l’equilibrio generale delle parti in Duel of the Fates, dove i cori sono in primo piano senza coprire l’orchestra e la grancassa è udibile ma non preponderante. Ottimi gli archi nella Overture 1812 di Tchaikovsky: conservano un po’ del loro caratteristico stridore, ma risultano comunque morbidi e godibili. Anche gli ottoni hanno un’ottima resa e appaiono giustamente esuberanti quando serve. Il Bolero di Ravel è un ottimo test per la gamma dinamica, che si rivela ottima perché permette di sentire distintamente il rullante anche a volume ridotto; si conferma anche l’eccellente capacità di distinguere gli strumenti.
  • Jazz: la RHA T20 non si fanno spaventare e riproducono i brani del Dave Brubeck Quartet esemplarmente, con un ottimo posizionamento degli strumenti all’interno della scena e un dettaglio ragguardevole. In Take Five il sassofono è centrale, ma è appena più avanzato del pianoforte e degli altri strumenti; il quadro complessivo è ben bilanciato e permette di apprezzare ciascuno strumento al meglio senza che alcuna parte sia lasciata in secondo piano. Anche in For the Love of You di Doc Powell si possono apprezzare il livello di dettaglio e la presenza degli strumenti.
  • Metal: sorprendente il dettaglio dei piatti in Progeny dei Celtic Frost anche neli momenti più concitati e complessi; il basso è potente e pieno, ma non invadente. In Sacred Worlds dei Blind Guardian e in The Drapery Falls degli Opeth si può apprezzare la distinzione tra gli strumenti, mentre Freezing Moon dei Mayhem appare “sporca” come dovrebbe a causa dell’incisione – e il fatto che si capisca che è proprio l’incisione ad essere imperfetta (volutamente, ma è un altro paio di maniche) è un ottimo punto a favore delle T20. Particolarmente apprezzabile la chitarra acustica in Isjungfrun di Vintersorg, così come la voce di Cia Hedmark – entrambe naturali e morbide.
  • Rock: Smells Like Teen Spirit suona estremamente bene, con la voce del compianto Kurt Cobain centrale e affiancata dalla sua chitarra; ottimo il senso di spazialità in Born to be Wild degli Steppenwolf, nella quale si può apprezzare anche il buon equilibrio delle cuffie. Notevole il modo in cui si possono distinguere perfettamente i difetti della re-incisione digitale di The Great Gig in the Sky dei Pink Floyd, così come è piacevole vedere la voce di Clare Torry con una rilevanza primaria nella scena.
  • Trip-hop: la profondità dei bassi e il loro buon controllo conferisce a Strangers quell’aria oscura e chiusa senza però renderla claustrofobica o senza coprire il resto; Angel dei Massive Attack beneficia degli stessi aspetti e regala ottime sensazioni.
  • Celtica/folk: la chitarra magistralmente suonata in Naar Vinden Graater di Vali è resa altrettanto magistralmente, assieme a tutti i dettagli fini come lo spostamento delle dita sulle corde e il respiro dei musicisti. La centralità dei toni medi fa sì che la chitarra e la voce nei brani degli Omnia siano estremamente piacevoli da ascoltare.
  • Elettronica: è la profondità dei bassi e non la loro quantità a rendere i brani di musica elettronica della scaletta particolarmente piacevoli; anche se non sono esattamente esplosivi, sono sicuramente ottimi sotto ogni profilo. Fantastica la resa delle conversazioni di sottofondo in Giorgio (by Moroder) dei Daft Punk; la voce di Moroder è naturale e senza particolare sibilanza.

In conclusione

RHA è riuscita a migliorare un prodotto già ottimo e il risultato è da lasciare a bocca aperta: le T20 sono cuffie da provare per credere. Il salto in avanti è netto e tangibile; il suono accontenta anche i palati più fini per il suo equilibrio e il livello di dettaglio che raggiunge. Nel complesso mi sento di dichiarale “cuffie dell’anno” tra tutte quelle che ho avuto occasione di provare e recensire.

Certo, le RHA T20 sono cuffie il cui prezzo è più alto della media: con un prezzo di 229.95€ su Amazon.it (239.95€ per le RHA T20i con comandi e microfono) non sono un oggetto che tutti vorranno acquistare, ma chi vorrà farlo non se ne pentirà.